DL 146, una riforma fondamentale del testo unico della sicurezza.
Con il decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 il Governo ha apportato non solo e non tanto alcune significative modifiche del Decreto Legislativo n. 81/2008, cosiddetto Testo Unico sulla sicurezza del lavoro, ma una vera e propria riforma strutturale, che riorganizza e amplia i sistemi di controllo e vigilanza, estendendo la possibilità di azione dell’Ispettorato del lavoro dai soli cantieri a tutti i settori di attività (nuovo articolo 13 del D.Lgs. n. 81/2008 così come modificato dall’art. 13 del D.L. 146/2021) e rivitalizzando lo strumento della sospensione della singola attività imprenditoriale pericolosa per motivi di salute e sicurezza del lavoro, in precedenza del tutto inutilizzato (nuovo articolo 14 del D.Lgs. n. 81/2008).
Un decreto emesso in una situazione di vera emergenza prevenzionistica, attestata dalla recrudescenza di infortuni mortali e gravissimi, che ha suscitato grave allarme sociale, in una società civile, quella italiana, già provata dall’emergenza pandemica.
ISPETTORATO DEL LAVORO E USL, VIGILANA E CONTROLLO RADDOPPIATO
Vista la difficoltà dimostrata in questi anni dal sistema di vigilanza monopolizzato dalle Asl nel far fronte in tutta Italia in maniera effettiva, efficace e omogenea ai compiti previsti dall’articolo 13 del D. Lgs. n. 81/2008, anche per evidenti carenze d’organico a tutti note, è stato giocoforza estendere la competenza di intervento, di vigilanza e controllo per tutti i settori di attività anche all’Ispettorato Nazionale del lavoro, raddoppiando per l’effetto la capacità istituzionale di intervento e controllo.
Il sistema sanitario su base regionale, in aggiunta messo a dura prova dalla Pandemia, non è da anni in grado di permettere ai servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro delle aziende sanitarie di essere adeguatamente operativo in termini di personale ispettivo e di presenza sul territorio nazionale.
Il raddoppio, quanto meno, delle forze in campo, grazie alla Riforma, rappresenta un deciso rafforzamento della capacità di azione istituzionale di contrasto alla violazione delle norme di prevenzione e protezione, ed è quindi quanto moltissimi auspicavano da tempo.
Chi ipotizza artatamente conflitti di competenze e/o interventi duplicati dimentica intenzionalmente le miriadi di protocolli d’intesa Ispettorati-ASL stipulati in relazione alla vigilanza nei cantieri, i documenti comuni sottoscritti ovunque, le task force realizzate con altre forze dell’ordine, dove le istituzioni in campo erano quattro o cinque.
L’ispettorato non si sostituisce certo alle Asl, che ripeto potranno svolgere meglio i compiti in materia di salute dei lavoratori, spesso trascurati per far fronte ad aspetti giuridici che possono essere tranquillamente affrontati in modo adeguato, se non migliore, dall'INL.
La capacità di coordinamento e di leale collaborazione tra istituzioni è da sempre una necessità nota e praticata, ad esempio in Lombardia da tempo esistono dei protocolli d’Intesa ASL Polizia municipale per le ispezioni nei cantieri, figuriamo se non ci può essere una intesa con gli ispettorati
IL RUOLO DELLO STATO E LA SICUREZZA DEL LAVORO
E’ sicuramente vero che moltissimi incidenti mortali sono simili a quelli di cinquanta e più anni fa, ed è vero che possono essere evitati o quantomeno ridotti a termini minimi organizzando correttamente le mansioni, del lavoro, valutando in modo corretto e completo tutti i rischi, elaborando istruzioni operative adeguate, aggiornate, consegnate e illustrate accuratamente, e in modo perfino pedante, insegna la Cassazione, agli operatori che svolgono le mansioni più pericolose, curando in modo particolare formazione e addestramento sui rischi specifici connessi alla mansione.
Come correttamente sottolinea Raffaele Guariniello, "la riorganizzazione della vigilanza sui luoghi di lavoro ad opera del decreto fiscale ha ridisegnato gli asset originari, attribuendo un nuovo ruolo all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, chiamato a vigilare sulla generalità dei luoghi di lavoro al pari delle ASL.
Un ruolo - è bene precisarlo a scanso di equivoci pur diffusi - che non si limita a una attività di mera repressione, ma che ricomprende anche un’attività di prevenzione, disvelata dagli stessi strumenti forniti alle ASL dall’art. 20 D.Lgs. n. 758/1994: la prescrizione e il potere di “imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavo
LA PREVENZIONE, COMPITO DELLE IMPRESE
La prevenzione, va detto chiaramente, è compito fondamentale delle imprese. Che sono obbligate ai sensi del D.lgs. n. 81/2008 e pure del D.lgs. n. 231/2001 (che non è obbligatorio, ma...) ad organizzarsi nel migliore dei modi e a gestire adeguatamente tutti i rischi, con la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
Ma la vigilanza da parte dello Stato, in tutte le sue articolazioni in grado di svolgere tali compiti, non può in alcun modo essere sminuita e/o sottovalutata. Rappresenta una difesa della società dalla cosiddetta “criminalità dei colletti bianchi”, ovvero di quella parte, ultra minoritaria, ma presente in modo persistente, di imprenditori che di sicurezza e salute sul lavoro non vogliono sentirne proprio parlare.
Confondere l’assoluta necessità di una vigilanza istituzionale nei luoghi di lavoro capillare con le cause degli infortuni sul lavoro è un grave errore di prospettiva, che confonde due piani che vanno entrambi costantemente affrontati in termini adeguati:
1) la capacità di azione istituzionale, non solo di repressione, ma anche di persuasione morale nelle aziende, esercitata in modo eccellente da molti ispettori del lavoro e dei servizi delle Asl da decenni,
2) il contrasto alla precarietà del rapporto di lavoro (che pure richiede interventi statali), le carenze di formazione e addestramento, la gestione degli appalti e dei subappalti, l’idoneità e adeguatezza tecnica professionale delle imprese
In questo contesto il decreto-legge 146/2021 rappresenta una Riforma preziosa e finanche entusiasmante, una forte innovazione legislativa e culturale che costringe tutti gli attori, privati e istituzionali del sistema sicurezza Italia a ripensare a fondo il proprio ruolo e le proprie modalità di azione in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori.
COORDINAMENTO A INDIRIZZO NAZIONALE, PUNTO FONDMANETALE
Penso che in ogni caso tutti siamo d’accordo su un punto fondamentale: è inderogabile e va perseguito a tappe forzate, la realizzazione definitiva di “un coordinamento e un indirizzo nazionale del tema salute e sicurezza sul lavoro, di un controllo della coerenza tra principi e modelli organizzativi regionali”.
Gli addetti ai Servizi di Prevenzione delle ASL sono passati da 5.060 operatori nel 2008 a 3.246 nel 2018, le Regioni e lo Stato devono trovare il modo di iniziare a invertire tale tendenza perniciosa.
Il Comitato art. 5 D.Lgs. 81/08 potrebbe essere dotato di poteri decisionali e di adeguate risorse.
Oggi più che mail il Piano Nazionale della Prevenzione deve diventare uno strumento effettivo per la prevenzione delle malattie da lavoro, per quelle di tipo cronico-degenerative, pensando interventi di igiene industriale mirati alla riduzione dell'esposizione ad agenti chimici, cancerogeni e mutageni.
Assolutamente irrimandabile è, infine, l’efficace coordinamento delle strategie e attività tra INL e Regioni/ASL e a livello regionale e provinciale.
E da qui si deve partire per un futuro più sicuro nei luoghi di lavoro, dall’avvio ovunque di questi coordinamenti per ripartire al meglio l’attività di vigilanza e controllo, nel reciproco rispetto.
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